I rischi lavorativi e le precauzioni necessarie...

2022-12-08 12:05:57 By : Ms. Susan Chen

Un intervento si sofferma sull’esposizione alla luce blu e sui possibili danni oculari. Gli elementi da considerare, gli effetti sulla salute, le lampade a LED, i risultati degli studi e i lavoratori più esposti.

Bologna, 9 Giu – L’evoluzione e la grande diffusione, anche nel mondo del lavoro, dell’uso di computer, tablet, smartphone e vari altri dispositivi a LED ha aumentato notevolmente l’esposizione della popolazione e dei lavoratori a fonti di luce dannose. E in particolare negli ultimi decenni la ricerca scientifica si è sempre più interessata ai danni oculari correlati all’esposizione a luce blu.

L’emissione dello spettro luminoso della luce blu, sia da fonte naturale che artificiale, è, infatti, considerato “potenzialmente dannoso per i tessuti biologici soprattutto nella frazione compresa tra 415 e 455 nm (luce blu-viola)”. Ricordiamo che il nanometro (nm) rappresenta l’unità di misura di lunghezza utilizzata per la lunghezza d'onda della luce visibile e della luce ultravioletta.

Le fonti artificiali di luce blu sono ormai molto numerose e le più diffuse sono le “lampade a LED (Light Emitting Diode) per l’illuminazione di ambienti vari (abitazioni, uffici, industrie, scuole, strade, insegne, segnalazioni stradali, ecc), fari delle auto, computer, smartphone, tablet, schermi televisivi di nuova generazione, strumenti di lavoro in ambito metalmeccanico, in biologia, nei laboratori di analisi, ecc”.

A ricordare in questi termini i potenziali danni di questa forma di radiazione elettromagnetica dello spettro del visibile e a fornire alcune informazioni per la prevenzione e valutazione dei rischi in ambito lavorativo è un intervento al convegno “dBA2019 – Agenti fisici e salute nei luoghi di lavoro” che si è tenuto, durante la manifestazione Ambiente Lavoro, a Bologna il 17 ottobre 2019.

L’intervento “Esposizione alla luce blu e danno oculare. Un rischio da valutare o da rivalutare?”, a cura di Enrica Zinzini (Medico Oculista a RLP Sede INAIL di Brescia) e Pier Ugo Carletti (Dirigente Medico Sede INAIL di Brescia), è stato pubblicato nel volume “dBA2019 – Agenti fisici e salute nei luoghi di lavoro” che raccoglie gli interventi all’omonimo convegno bolognese.

Nell’articolo di presentazione dell’intervento ci soffermiamo sui seguenti argomenti:

L’intervento indica che riguardo al rischio luce blu, la sola lunghezza d’onda non rappresenta l’unico elemento da considerare.

Infatti i tempi di esposizione spesso piuttosto elevati e la distanza dell’operatore dalla fonte di emissione, possono influenzare il grado di lesività. Bisogna poi considerare “le caratteristiche fisiologiche e fisiopatologiche individuali degli esposti che possono influenzare in modo anche rilevante la lesività delle radiazioni stesse”.

Si indica poi che i livelli di rischio legati all’esposizione a radiazioni non ionizzati “vengono periodicamente valutati da varie organizzazioni come l’International Commission of Non-Ionising Radiation Protection (ICNIRP) tramite la pubblicazione di Linee Guida che rappresentano i livelli di esposizione al di sotto dei quali sono improbabili effetti negativi sulla salute”. Il documento riporta il limite di esposizione alla luce blu ICNIRP2 (2013) per la visione a lungo termine e ricorda che uno studio ha potuto confrontare “l’entità di emissione di luce blu da parte di lampade (a incandescenza e LED), schermi (computer, laptop, tablet e smartphone) e del cielo sereno e in condizioni di nuvolosità, con la standardizzazione sia delle modalità di esposizione che di rilevazione strumentale delle emissioni”.

In particolare lo studio ha evidenziato che le esposizioni al cielo sereno e a quello nuvoloso “rappresentano rispettivamente il 10,4% e il 3,4% del limite di esposizione ICNIRP2” e che riguardo all'esposizione “ragionevolmente prevedibile alle radiazioni ottiche da lampade, schermi di computer e dispositivi mobili, come gli smartphone”, l'irradianza effettiva ponderata spettrale “è inferiore alle esposizioni naturali”.

Riportiamo alcuni dati connessi a computer, laptop, tablet e smartphone:

Riguardo poi ai danni oculari da luce blu gli autori indicano che alcuni “studi su colture cellulari retiniche, sia fotorecettori che epitelio pigmentato retinico (EPR), hanno evidenziato nei fotorecettori (cellule ad elevatissimo consumo di ossigeno) alterazioni del metabolismo cellulare indotte da incremento di fenomeni ossidativi”; nelle cellule dell’EPR “si è osservata degenerazione delle cellule fino alla necrosi”. E poiché l’EPR “svolge un ruolo fondamentale nell’omeostasi dei fotorecettori retinici, anch’essi bersaglio dei processi degenerativi indotti dall’esposizione alla luce blu, il complesso di alterazioni rilevate agirebbero sulla retina come una tempesta perfetta”. E una pubblicazione del gennaio 2019 “ha pure evidenziato nelle cellule ganglionari retiniche modificazioni del DNA dopo esposizione a luce blu”.

È stato però osservato che tali rilievi “rappresentano ancora oggi un modello teorico di lesione, ancora lontano dalla vita reale per una serie di motivi:

In ogni caso le evidenze scientifiche hanno “dimostrato danni retinici acuti correlati ad elevate esposizioni a luce blu sia in termini di tempo di esposizione che di lunghezza d’onda della radiazione” ed è stato prospettato che “l’esposizione alla luce blu emessa da PC, tablet, smartphone, e-reader, ecc. possa contribuire alla secchezza oculare spesso lamentata in seguito a prolungato impiego di tali device”.

Tuttavia  se “nulla è stato ancora approfondito”, è “diffusamente condiviso il parere che la prolungata fissazione di uno schermo riducendo la frequenza dell’ammiccamento porti ad evaporazione dello strato acquoso del film lacrimale ed alla comparsa o all’aggravamento della secchezza oculare”.

Non bisogna poi dimenticare che l’invecchiamento demografico della popolazione generale “ha portato ad un aumento di frequenza delle patologie oculari correlate. Tra queste bisogna richiamare la cataratta il cui trattamento chirurgico rappresenta, ovunque, la stragrande maggioranza degli interventi oculari” (l’intervento riporta ulteriori informazioni su questo intervento con riferimento all’impianto di lenti intraoculari e ai successivi effetti della radiazione blu-violetta).

In definitiva da quanto esposto emerge come “l’emissione di luce blu proveniente da device non debba rappresentare un’emergenza sanitaria per la salute retinica né per la popolazione generale né per i lavoratori (Hazard ratio < a quello della luce naturale)”. Tuttavia al rischio sarebbero “particolarmente esposti i bambini sia per le caratteristiche di trasparenza dei mezzi diottrici oculari attraversati dalla radiazione blu (cornea e cristallino), sia per la distanza dalla alla fonte di esposizione, che nei piccoli è abitualmente breve”. Inoltre “mentre è abbastanza consolidata la protezione con occhiali filtranti all’aperto, non può dirsi altrettanto in merito all’uso di filtri specifici durante l’impiego di device”.

Appare anche debole, come indicato sopra, la correlazione sostenuta da alcuni “tra la condizione di secchezza oculare e l’esposizione a luce blu emessa da PC, tablet, smartphone”, mentre un potenziale rischio più significativo, per la salute retinica, “pare invece essere l’esposizione a lampade a LED con temperatura di 6000K (luce bianca fredda) che “presentano un elevato picco di emissione di luce blu nella frazione potenzialmente più dannosa (415- 455nm, luce blu-violetta)”.

Si ricorda che l’illuminazione a LED “è spesso presente negli esercizi commerciali, nelle industrie (es.: controllo ottico delle verniciature), illuminazione stradale e nelle gallerie, segnalazioni stradali, nelle abitazioni (daylight lamp), ecc”. E al di là del danno retinico acuto, “non si può escludere a priori che un’esposizione diffusa, cronica, ubiquitaria e sempre crescente alle lampade a LED o ad altre fonti di emissione presenti e future, possa nel tempo condurre ad evidenze cliniche che sostengano la relazione causale tra malattia retinica ed esposizione alla luce blu”.

Riguardo al potenziale rischio che può interessare trasversalmente tutta la popolazione, particolare attenzione va “riservata ai lavoratori esposti sui quali graverebbe, vista l’ubiquitaria diffusione delle fonti, sia l’esposizione lavorativa che quella ambientale”. E, ad esempio, sono da “considerare soggetti a rischio gli outdoor workers”.

Inoltre se tra le fonti artificiali ad emissione di luce più energetica sono state segnalate le lampade a LED con luce bianca fredda, particolare attenzione è da rivolgere anche agli “impiegati nelle industrie auto motive con mansioni di controllo qualità delle verniciature, i lavoratori del comparto ricerca, personale sanitario addetto a specifici trattamenti, addetti alla produzione di corpi illuminanti”. Senza dimenticare, infine, che le condizioni fisiopatologiche individuali “possono amplificare la suscettibilità al danno da esposizione a luce blu”.

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale dell’intervento che riporta altri dettagli, immagini (per confrontare gli spettri di emissione) e indicazioni sulle fonti bibliografiche.

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “ dBA2019 – Agenti fisici e salute nei luoghi di lavoro”, a cura di Silvia Goldoni, Pietro Nataletti, Nino Della Vecchia e Antonio Santarpia, pubblicazione che raccoglie gli atti dell’omonimo convegno - Bologna, 17 ottobre 2019 (formato PDF, 11.65 MB).

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