Mancano medici in ospedale, direttore rinuncia alla pensione: «Amo il lavoro ma siamo esasperati» - CorrieredelVeneto.it

2022-12-08 12:07:06 By : Mr. Tracy huang

«Poche domande per il concorso rivolto ai medici di urgenza ? C’è meno interesse perché è sottovalutato in molti sensi, se consideriamo poi l’aspetto economico di chi lavora in corsia. Ma c’è anche uno stress maggiore per il rapporto che esiste tra il personale dell’ospedale e l’utenza, con richieste che spesso non sono tanto sanitarie quanto sociali». Mauro Scanferlato , classe 1956, mestrino, ha rinunciato al pensionamento per restare a capo della Medicina all’ospedale di Portogruaro (Venezia) in un periodo caratterizzato dalla carenza del personale medico. Il dottor Scanferlato è medico ospedaliero dal 1984 : nella propria carriera ha lavorato all’ospedale di Venezia poi, per 25 anni, nella Medicina all’ospedale di San Donà di Piave e nel 2016 è stato nominato direttore della Medicina all’ospedale di Portogruaro ed è anche direttore del Dipartimento paziente fragile.

Dottor Scanferlato, perché ha scelto di restare? Non è stanco? «Non lo sono, perché amo il mio lavoro. Non poterlo più fare mi sarebbe costato anche, forse, in salute emotiva. Avrei potuto insegnare, dedicarmi agli studi, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Ho un ottimo rapporto con i miei collaboratori, i miei pazienti, una grande considerazione reciproca con i medici del territorio».

Che situazione riscontra nei reparti dopo il Covid? C’è più nervosismo? «Siamo tutti esasperati, sia i medici sia il personale infermieristico sia l’utenza. Certo, le aggressioni verbali le abbiamo viste anche in passato indipendentemente dal Covid. La pandemia ha esacerbato queste situazioni: violenze fisiche non si riscontravano, periodi di astinenza sociale prolungati non sono facili da digerire e chi non è emotivamente abbastanza forte ha ceduto, tanto da imputare alla sanità pubblica la responsabilità del Covid».

Fate turni più pesanti? «Assolutamente sì, tanto che c’è una fetta di personale sanitario gestito da cooperative per sopperire alle mancanze che ci sono. È una situazione dettata dal fatto che le risorse in termini di personale in ospedale non ci sono, c’è poca disponibilità di specialisti».

Tornando ai dati sul concorso regionale per medici di pronto soccorso, lei sostiene che ci sia uno stress maggiore per richieste da parte dall’utenza non solo di ambito sanitario ma anche sociale. Che cosa intende? «Le faccio un esempio: sono anche direttore del dipartimento “paziente fragile”, con responsabilità sui rapporti con il territorio e le cure primarie. Anche in questi ambiti, le richieste sono sempre maggiori proprio perché i pazienti sono più anziani anagraficamente e, di conseguenza, con più patologie».

Quindi, tra le «nuove» sfide che un medico deve affrontare, c’è una maggiore complessità del paziente? «“Complesso” è la parola esatta. Una volta, si considerava “con morbidità” un paziente affetto da tre patologie, poi si è parlato di “multimorbidità”, oggi chi ha più di cinque patologie croniche è un paziente complesso. E le esigenze di questi pazienti sono in aumento».

Come si potrebbe rispondere al problema? «Innanzitutto con più risorse, umane. Dal direttore di dipartimento fino a chi sta in ambulanza, in ogni ambito».

Quali sono altre sfide da affrontare? «Ce ne sarebbero tante. Aggiungere personale all’organico, porre più specialisti che possano gestire il rapporto ambulatorio-territoriale, più posti letto. Poi, cosa che stiamo già facendo, creare i cosiddetti ospedali di comunità per gestire i post ricovero in quei pazienti non ancora stabilizzati che richiedono un supporto: non solo sanitario, ma sociosanitario».

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