Da prototipazione a tecnologia industriale: come sta cambiando il mondo della manifattura additiva? - industria italiana

2022-12-08 12:09:50 By : Ms. Cherry Chen

La manifattura additiva per ora, non ha mai dispiegato la sua forza nei processi produttivi. In tutta Europa ha un valore di mercato di 9,64 miliardi di euro: ben poco, rispetto al modello storico e collaudato, quello sottrattivo. Tante le aree di debolezza: i costi delle materie prime e delle polveri, le dimensioni limitate dei prodotti finiti e soprattutto la scarsa produttività. Di fatto, per anni è stata utilizzata per la prototipazione, o per la realizzazione di serie limitate di componenti. Ora, però, siamo alla svolta. Questa tecnologia è pronta per diventare un fatto industriale, un processo in grado di competere con quelli tradizionali. Infatti secondo un rapporto pubblicato da Allied Market Research ci si attende che il mercato globale raggiunga, nel 2030, i 94 miliardi di dollari con un tasso di crescita annuale del 22%!

Che cosa sta accadendo? Hp, ad esempio, ha di recente presentato una macchina additiva capace di realizzare componenti di metallo con una produttività 50 volte superiore a quella della strumentazione Am finora conosciuta; inoltre, è una struttura modulare: si possono implementare più macchine in linea. Insomma, la soluzione è studiata non per la prototipazione, ma per la produzione di serie. È un cambiamento epocale, destinato ad avere un forte impatto sulla manifattura globale. Anche il problema dimensionale sembra superato. Ad esempio la Ingersoll Machine tools del Gruppo Camozzi costruisce le macchine più grandi del mondo, che a sua volta producono pezzi molto voluminosi. D’altra parte l’Italia non è ferma quanto a Am, anzi.

A livello nazionale (e nel contesto di Ucimu – sistemi per produrre) esiste una associazione culturale, l’Aita (Associazione italiana tecnologie additive) che intende rappresentare gli interessi dei player di settore. Ne fanno parte, ad esempio, aziende come Eos, Ge Avio, Marposs, Omera, Prima Industrie, Renishaw. A livello regionale, in Lombardia Afil – l’Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia che porta all’attenzione della Regione le priorità della ricerca e innovazione della manifattura – ha dato vita ad una apposita strategic community, e cioè un gruppo di lavoro di cui fanno parte Abb, Tenova, Streparava, Camozzi, Additive Italia e diverse università, come il Politecnico di Milano e gli atenei di Bergamo e di Pavia. Quanto a quest’ultimo ateneo, sta realizzando una macchina capace di produrre pezzi composti da metallo e da ceramica. E collabora con Stratasys e con il Policlinico San Matteo in ambito clinico-chirurgico. A proposito dei cambiamenti nella manifattura additiva, abbiamo intervistato il docente al dipartimento di ingegneria civile dell’Università di Pavia Ferdinando Auricchio.

R: Credo che il mondo della manifattura additiva stia cambiando velocemente ed in modo radicale. Prima due mesi fa all’Imts di Chicago e poi proprio qualche giorno fa, al Formnext di Francoforte sul Meno, la più importante fiera europea sull’additive manufacturing e una delle più rilevanti del mondo, si sono viste molte novità che faranno parlare molto. In particolare, si è assistito ad una svolta cruciale: la manifattura additiva, che le aziende avevano sempre considerato come un processo utile principalmente alla prototipazione, o per la realizzazione di pochi componenti sostitutivi, o per serie limitate – è diventata una tecnologia industriale. E ciò avrà un impatto molto considerevole per la manifattura globale e anche per quella italiana.

R: Un salto in avanti. Ad esempio, Hp, la multinazionale americana di Palo Alto, ha presentato nelle due fiere una soluzione che in realtà era stata lungamente testata, per ben quattro anni, ma che adesso è disponibile sul mercato. La stampante 3D Metal Jet S100 era molto attesa da aziende, esperti e osservatori. Il fatto è che questa macchina utilizza una tecnologia di Hp (la Metal Jet) in grado di aumentare (rispetto ad altri metodi di stampa 3D) di 50 volte la produttività di parti meccaniche funzionali in metallo.

R: Accade che per la prima volta si parla di stampa 3D per la produzione in serie di parti metalliche di alta qualità. Prima l’adozione industriale della manifattura additiva era stata ostacolata dalla lentezza operativa e da altri fattori, che ora sembrano superati.

R: C’è un letto di polvere (di 430 per 309 per 200 millimetri; Ndr) su cui vengono deposte gocce da sei testine di stampa (Hp Thermal Inkjet) a sua volta collegate a due barre di stampa che sono dotate di più di 60mila ugelli. Grazie alle testine, il sistema è in grado di posizionare con grande precisione e velocità fino a 630 milioni di nanogrammi di piccole gocce di legante liquido al secondo. Il meccanismo procede layer dopo layer, e si realizzano parti con un’ottima risoluzione. Il modello dispone anche di un’unità di trattamento termico e di una strumentazione per rimuovere con precisione la polvere.  Inoltre, si tratta di un sistema modulare: è possibile implementare più macchine 3D Metal Jet S100 in serie, per dar vita ad una linea di produzione.

R: Sì. Per il break even produttivo relativo ad alcuni componenti metallici occorre realizzare fra i 50mila e i 60mila pezzi. A quel punto conviene. D’altra parte, nella manifattura questo non costituisce un problema. Si fanno milioni di filtri e di valvole. Insomma, Hp era già riuscita a modificare il mondo della stampa additiva nella plastica; con il metallo era onestamente più difficile, ma a quanto pare ce l’ha fatta.

R: Sì, aveva già creato diversi modelli molto competitivi per il nylon rinforzato, capaci di grandi volumi di stampa e quindi in grado di penetrare validamente in diversi settori della manifattura.

R: Non solo: si pensi al biomedicale, alle stampanti in grado di fare repliche anatomiche di supporto alla chirurgia e anche al training degli operatori. Si pensi poi al bioprinting, una tecnologia che permette, tramite una stampante in 3D, di produrre materiali con cellule anche umani, tessuti e, speriamo in un domani, anche strutture complesse, forse un giorno fino ad arrivare agli organi veri e propri. In pratica, la biostampa in 3D deposita un biomateriale, detto bioink, strato su strato per creare strutture tissutali che possono essere usati in campo medico. E poi, di recente, è stato superato un altro limite storico della manifattura additiva: quello della dimensione delle macchine, che incideva sulla grandezza del prodotto finale.

R: Ad esempio, la statunitense Ingersoll – un fornitore globale di macchine utensili additive e sottrattive per i settori aerospaziale, difesa, energia e tutti i settori della meccanica pesante che parte del Gruppo Camozzi – si è specializzata in strumentazioni che stampano in termoplastica o compositi e che sono probabilmente le più grandi del mondo. Infatti, lavorano volumi di 6 metri, per 4 per 2 e che sono in grado di depositare sino a 500 libbre all’ora di materiale. Peraltro, sono macchine ibride, che al contempo fanno anche lavori di fresatura a cinque assi.

R: La plastronica (chiamata in inglese Molded Interconnect Device, o Mid; Ndr) è un metodo per combinare plastica ed elettronica. In pratica, questa tecnologia permette di integrare circuiti elettronici direttamente su particolari stampati ad iniezione termoplastici.  Si ottengono dispositivi leggeri e flessibili innestabili in prodotti dalle geometrie complesse e funzionalizzati con materiali poco costosi e realizzabili su larga scala. Spesso è proprio l’additive manufacturing che consente la funzionalizzazione dei prodotti, e quindi la realizzazione di oggetti che dispongono delle capacità tipiche dei sensori. È un campo veramente molto interessante, perché le chance applicative sono molteplici; ma per ora se ne parla più in termini di ricerca e sviluppo che in quelli di adozione industriale.

R: Tutte e nessuna. Si utilizza l’una o l’altra in funzione del materiale (termoplastico o metallo), dell’applicazione, delle prestazioni meccaniche, della precisione che si intende conseguire, e anche dei costi.

R: Certo non stiamo con le mani in mano, anzi. Com’è noto Afil già da tempo ha dato vita alla strategic community (e cioè ad un gruppo di lavoro) sull’“Additive Manufacturing”. Così più di un anno fa una cordata nata in questo contesto, guidata da Tenova e composta da Ttm Laser, Officine Meccaniche Giuseppe Lafranconi, Gfm, Gf Machining Solutions, Fubri, Co.Stamp, Blm, 3d New Technologies, Università degli Studi di Pavia e Politecnico di Milano -, ha portato avanti il progetto da 6,6 milioni di euro “Made4Lo”, finanziato da Regione Lombardia con 3,5 milioni, che ha sviluppo delle tecnologie e processi di stampa 3D dei metalli completamente “made in Lombardy”. Sempre in un contesto Afil, alcune aziende hanno esposto alcune “challenge” relative all’additive manufacturing: ad esempio, Abb vuole introdurre tecnologie additive in linea per realizzare la produzione su larga scala esplorando il mondo della stampa 3D metallo per realizzare assiemi di più componenti in un corpo unico; Streparava intende offrire bielle e alberi a camme altamente customizzati attraverso la realizzazione di feature con tecnologie additive; e Gfm punta ad utilizzare l’Am per il repairing di componenti ad alto valore aggiunto. E poi, oggi c’è la possibilità di partecipare alla “Manifestazione di Interesse per lo sviluppo ed il consolidamento delle filiere produttive e di servizi e degli ecosistemi industriali produttivi ed economici in Lombardia”. Ancora una volta l’Università di Pavia, in collaborazione con Abb e con Afil, si sta impegnando per la creazione di un ampio gruppo di partner industriali e di ricerca per partecipare a questo interessante bando, con lo scopo iniziale di far emergere i tanti interessi già attivi in Regione Lombardia sulla manifattura additiva.

R: È un bando, promosso da Regione Lombardia in collaborazione con la locale Unioncamere: individua una serie di ambiti tematici in cui partenariati composti da almeno 10 aziende propongono progetti comuni appunto entro il 31 dicembre 2022. In una seconda fase, quelle ritenute meritevoli riceveranno premialità di punteggio e agevolazioni economiche da parte dell’ente territoriale.

R: La realizzazione di una filiera sulla manifattura additiva è uno degli obiettivi della citata Strategic Community. Pertanto, stiamo lavorando per presentare un progetto in grado di sfruttare i vantaggi del bando e che abbia diversi punti di forza, in particolare la possibilità di realizzare design concepts applicabili a materiali molto diversi (dal metallo alle plastiche e alle ceramiche) oppure quella di produrre parti multi-componenti e multi-funzione. Ci sono anche delle aree di debolezza. Ad oggi l’Am rimane una tecnologia costosa senza una specifica riprogettazione del componente in ottica manifattura additiva; come lo sono d’altra parte le polveri e le materie prime; inoltre, l’impatto ambientale, fattore oggi molto rilevante, non è ancora del tutto chiaro, a meno che veramente non ci sia uno sforzo per riprogettare in componenti sfruttando in pieno i vantaggi della tecnologia adottata. Per questi motivi, l’Am non ha ancora dispiegato la sua intera forza per il manifatturiero. Ma come si è detto le cose stanno cambiando con grande rapidità. Comunque sia, la filiera sulla manifattura additiva alla quale stiamo lavorando deve coprire tutte le fasi di produzione: dalle materie prime sino al fine vita con la riparazione e il recovering delle parti ad alto valore aggiunto. Tra gli stakeholder ci sono nomi di prestigio: Abb, Fluid-o-tech, Streparava, Gfm, Camozzi, Moma Nanotech, Additive Italia, Kilometro Rosso, Aerea, Aita, Autodesk, HP, Stratasys, Mimete, P4P, Weaream, 3D Evolve, Italtel, nonchè il Politecnico di Milano, l’Università di Bergamo, il Cnr-Icmate, l’Istituto Tecnico Superiore Lombardo per le Nuove scienze della vita e l’Istituto Tecnico Superiore Lombardo per le Nuove tecnologie Meccaniche e Meccatroniche, anche se alcuni di essi sono in corso di definizione. L’Università di Pavia agirà da capofila. Ovviamente il progetto è aperto a chiunque abbia interesse per cui devono solo farsi avanti e contattarmi.

A Pavia ci muoviamo in molti ambiti, cercando di ampliare sempre di più le tecnologie a disposizione presso i nostri laboratori e mettendo a disposizione tali tecnologie e la nostra capacità di simulazione al computer e riprogettazione a disposizione delle aziende che vogliono fare un percorso di sviluppo e crescita. Stiamo anche studiando una macchina all’avanguardia che speriamo di portare presto all’attenzione delle realtà produttive industriali lombarde e non solo.

R: Stiamo sviluppando in laboratorio una tecnologia molto economica, flessibile, che sfrutta tecnologie già collaudate come ad esempio la Fdm ma che contempla anche una ulteriore fase di processamento: tutto questo serve per ottenere oggetti non solo in metallo, ma anche in ceramica; e addirittura prodotti con strati dell’uno o dell’altro materiale. Ora stiamo cercando dei partner industriali per ulteriori avanzamenti, in modo di portare la macchina nel mondo della manifattura. Va infine ricordato che l’Università di Pavia è particolarmente impegnata anche al trasferimento della manifattura additiva a supporto del mondo medico.

R: Ad esempio, l’Università di Pavia ha avviato una partnership molto fruttuosa con Stratasys e 3D4Med, il primo laboratorio clinico di stampa 3D in Italia e uno dei primi al mondo: si trova nel Policlinico San Matteo di Pavia. Tante, come si diceva, sono le applicazioni della stampa 3D in ambito clinico-chirurgico. Recentemente, insieme a Stratasys si sono anche proposte giornate di incontro, presentando un’ampia serie di casi studio di interesse in ambito clinico-chirurgico: insomma un vero esempio di ingegneria traslazionale in ambito medico. Sicuramente in futuro saremo sempre più presenti in questo ambito ed anche qui siamo a disposizione di altre strutture clinico-mediche interessate a studiare ed implementare la manifattura additiva a supporto del mondo chirurgico-medico.

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